Non faccio a tempo ad entrare che mi trovo tra le braccia una piccola creatura di dieci giorni: «Tienila un momento», mi dice l’educatrice della casa accoglienza, «la mamma se n’è andata e l’ha abbandonata qui. Abbiamo sentito l’assistente sociale e in pochi giorni dovrebbe essere affidata a una famiglia».
Non faccio a tempo a rendermi conto di quello che è successo, che arrivano le altre mamme pronte a scatenare una gara di solidarietà commovente: «Padre, teniamola qui, la cresciamo noi!». Moto spontaneo del cuore, prima ancora che la testa si misuri con la realtà.
È Natale. Ogni volta che nasce una vita è natale. E noi a stare sulla faglia, tra la paura e l’amore, tra l’accoglienza e l’indifferenza, tra il dono e il narcisismo. E ci vuole qualcuno che cerchi di ridurre la frattura. Per accorciare la distanza tra colpa e speranza, tra paura e fede, tra abbruttimento e bellezza…
È tempo di costruire ponti, reti e connessioni per esplorare nuove geografie dello spirito. Forse è un sogno ma – come mi diceva un amico – l’unico modo per realizzare un sogno è quello di… svegliarsi!
Vi auguro sogni a non finire con la voglia matta di realizzarne qualcuno.
Vi auguro di amare e di perdonare.
Vi auguro passioni belle per la vita.
Vi auguro silenzi di ascolto e di intimità.
Vi auguro di resistere all’affondamento e all’indifferenza.
Vi auguro di essere dono.
Padre Giuseppe